Il tiro con l’arco per non vedenti
L’arco, unito alle frecce, è ovunque un simbolo d’amore e un attributo della tensione vitale. Il dio Amore, il Sole, Shiva hanno tutti l’arco, la faretra, le frecce. L’arco di Ulisse rappresenta il potere di re, in Giobbe è la forza (“nella mia mano l’arco riprenderà la forza”). Nel Sagittario è la sublimazione dei desideri. L’arcobaleno è il simbolo della speranza, del legame tra cielo e terra “E Dio disse, io ho messo il mio arco nella nuvola ed esso sarà per segno del patto tra me e la terra. Ed avverrà che quando io avrò coperto la terra di nuvole, l’arco apparirà nella nuvola” (Genesi 9, 13-14).
Nella tradizione orientale l’arco non è fatto per i muscoli. “Per tirare la corda non si deve impiegare la forza del corpo, si deve imparare a lasciare alle mani di compiere tutto il lavoro, mentre i muscoli delle braccia e delle spalle restano rilassati e non sembrano partecipare all’azione”. E ancora “maggiore è l’ostinazione con cui cercate di imparare a scoccare la freccia in modo da colpire il bersaglio, meno vi riuscirete e più lontano sarete dal bersaglio. L’ostacolo che si frappone è il vostro desiderio eccessivo”. (Eugen Herrigel, Lo zen e il tiro con l’arco).
[floatquote]Tiro con l’arco allenamento per la mente[/floatquote]
Scopo della freccia è quella di volare dritta al bersaglio, anche in occidente e anche nel tiro con l’arco visto semplicemente come sport, la determinazione al risultato è parte integrante di un gesto che richiede agilità, armonia, fermezza e costanza. Ognuno possiede un bersaglio interiore e a quello deve tendere, facendo in modo che esso stesso non diventi anche ostacolo, impedendo alla mente di purificarsi nella sua assoluta determinazione. Il tiro con l’arco è una gara dell’arciere con se stesso ed è questa la sua vera essenza.